Il Caffè 1/2010

Redazionale

Sommario

A cura di: Giuseppe Caracò
Coscienza cooperativa
Dopo pagine dedicate ai principi dell’enciclica di Benedetto XVI e fiumi di parole utilizzati per definire i valori della cooperazione, ritengo doveroso aprire una finestra sulla realtà locale, a noi così vicina e familiare.
Dalla relazione annuale del Centro di ascolto della Caritas diocesana di Pordenone, recentemente edita, emergono alcuni preoccupanti segnali di diffuso disagio che coinvolgono l’intera comunità, non solamente i notori settori degli extracomunitari e del sottobosco sconosciuto degli immigrati di colore, regolarmente accolti o meno nei nostri territori.
Preoccupa la statistica che evidenzia le principali nazionalità che fanno ricorso ai centri di ascolto Caritas per manifestare le proprie difficoltà esistenziali. Dico questo perché, con sorpresa, al secondo posto di questo elenco specifico riscontriamo i nostri connazionali. Dopo il 20% dei Ghanesi sono il 14% di Italiani che bussano alle porte dei centri Caritas, e questa è solo una statistica della Diocesi di Pordenone, non implementata dalle singole relazioni delle varie parrocchie disseminate nella Provincia. Che la Chiesa debba essere vicina agli ultimi è quasi un assioma scontato, ma è altresì scontato che tutta la responsabilità non può cadere sulla sola istituzione ecclesiale. Tutte le strutture sociali devono farsi carico di questo problema perché il disagio più si fa diffuso e più si ammala la stessa società. Che ci sia crisi e che le difficoltà economiche attanaglino un po’ tutti è cosa nota ma questo dovrebbe stimolare un nuovo concetto di stile di vita, più disciplinato e adeguato all’evoluzione della società stessa e coinvolgere più direttamente le istituzioni, anche a livello educativo, per promuovere una responsabile politica dei consumi. Sta anche alle banche vigilare che le famiglie non si indebitino inopinatamente. Farsi carico di questa missione educatrice, sostenere le strutture che operano socialmente per aiutare chi necessita, valorizzare ed assistere la cooperazione, anche questo è un modo diverso ma costruttivo di fare banca: una strada che noi, cari soci, ora più che mai, non intendiamo abbandonare.

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