Redazionale |
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A cura di: Giuseppe Caracò Direttore Responsabile Il silenzio della paura Un incubo che ritorna: questa è stata la prima drammatica impressione che le notizie sul terremoto in Abruzzo hanno ridestato nella mente di molti friulani. Ci sono momenti che ti rimangono appiccicati addosso come una seconda pelle, diventano parte della tua vita, incisi nella memoria e nell’animo. Questa Pasqua verrà ricordata così, come un momento buio, il dolore e il lutto di un Paese ferito. Le televisioni di tutto il mondo distribuiscono immagini e sequenze da paura, migliaia di famiglie vedono sconvolgersi la loro vita, il mondo crolla loro addosso come le mura delle loro case e la disperazione sembra un fiume in piena, mentre la terra non cessa di tremare, sottolineando impietosamente l’impotenza dell’uomo contro la natura. Eppure rimaniamo impressionati dalla dignità della sofferenza, dalla reazione della ragione che spinge a lottare e a non arrendersi per ricostruire. Improvvisamente mi è riapparsa l’imponente immagine del Duomo di Venzone rialzatosi su tutte le sue pietre, simbolo della volontà e della determinazione delle sue genti. La tempestività e lo slancio dei soccorsi hanno evidenziato un Paese fatto di solidarietà, una forza che nasce dentro l’animo e si concretizza nelle innumerevoli mani dei volontari che ad ogni rumore scavano per la vita, indifferenti alla fatica, spossati dalle tante ore spese ad aiutare, assistere, confortare. Proprio nella festività della Resurrezione i Vigili del Fuoco estraevano increduli dalle macerie, dopo sei giorni, una giovane ancora in vita e mai come in questa occasione il risentire il suono delle campane pasquali è apparso come il suono della vita ritornato a dominare il silenzio della paura. In questo contesto diventa stonata l’insistenza dei reporter e dei giornalisti, crudelmente legati alla notizia, irrispettosamente a caccia di storie da raccontare. E ce ne sono tante di storie da raccontare: molte vestite di quelle giacche gialle e arancione della Protezione Civile, dei Vigili del Fuoco e delle Forze dell’Ordine e sulle spalle di operai, pensionati, giovani studenti, partiti all’alba da basi sicure per sbarcare nella disperazione e nell’inferno di una città in agonia. La speranza si alimenta con la solidarietà e spesso questa può avere diverse sembianze, come il cappello di un alpino o la mano di un ragazzo di colore, con il casco della Protezione Civile, protesa ad aiutare. |
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